Facebook : il fenomeno dell’ “oversharing” come sintomo di un disagio pre-esistente rafforzato dalla connessione al Social
L’ “oversharing da social: la mia vita in piazza”
Se l’egocentrismo, manifestato sotto forma di esposizione di sé finalizzato al riconoscimento sociale, all’appagamento di un bisogno di valore ed autoaffermazione, è mediamente socialmente “accettato” nell’adolescente , insicuro per appartenenza ad una fascia evolutiva che implica e tollera una sotterranea fragilità espositiva, diventa più preoccupante quando è l’adulto, dai 30/35 anni in su’ , a sovraesporre se stesso all’attenzione della massa.
La formazione di un’identità strutturata porta ad un rafforzamento naturale della propria autostima che , nell’ adulto, non dovrebbe più dipendere dall’opinione esterna circa l’esposizione di un proprio pensiero o di una foto personale.
La finalità profonda ma spesso non conscia dell’adulto in oversharing , fenomeno per cui si “posta” ogni minimo dettaglio, luogo, momento, pensiero, “selfie” individuali od in compagnia a scadenza temporale ravvicinatissima ( a volte tutti i giorni più volte ) è quella di approvazione , rinforzando ,tramite il consenso manifesto, l’idea di sé ancora fragile e non strutturata.
È ormai scientificamente provato,tramite ricerche in Università italiane ed estere, come la sovraesposizione e la ricerca di “like”, “mi piace”, “vai bene!” riesca a produrre nell’adolescente come nell’ “adulto Peter Pan” l’attivazione a livello cerebrale degli stessi sistemi neuronali coinvolti verso il riconoscimento del piacere e dell’autoappagamento.
L’adulto in “oversharing” era già prima della connessione al social un narcisista , inteso in senso psicodinamico, volendo apparire grandioso agli occhi esterni ( postando serate e cene a ripetizione , pensieri profondi e carismatici, ponendosi come divertentissimo e simpatico) per colmare in realtà un profondo senso di smarrimento ed incertezza sul proprio valore personale ricercato tramite l’approvazione esterna, da chiunque arrivi, amici reali o puramente virtuali e semisconosciuti.
Facebook diventa così un “teatro virtuale” in cui il Peter pan narcisista, ottimo comunicatore ed incantatore di serpenti, decide quale parte recitare per ottenere approvazione e riempire e dare forma ad un ego molto fragile. Il Social si trova così, suo malgrado , ad assumere “sembianze umane”, trasformandosi da apparato tecnologico ad “amico virtuale alleato” (quasi umanizzato) dell’utente in oversharing ,in grado di colludere con il bisogno di “apparire” dell’ “amico reale ma non troppo”.
I Social oggi stanno enormemente destando l’attenzione di ricerche sociologiche e psicologiche ponendosi come strumenti che, se nascevano con finalità benevole di scambio e parti integrati di una vita già impostata e realizzata, stanno sostituendosi, per gli utenti in oversharing , al reale , diventando così la vera parte intima della propria vita, data in pasto al pubblico, eludendo ogni forma di privacy, “purché si parli di me”.