Le Professioni ad alto rischio “Burn out” (2a Parte)
quali sono le tipologie di professioni maggiormente predisposte a stress cronico ed a rischio di abbandono lavorativo?
La sindrome da Burn out, particolare tipologia di stress lavorativo, manifestato sotto una forma percettiva di scoraggiamento profondo verso l’idea di fuga e/o abbandono del lavoro, colpisce maggiormente le professioni d’aiuto, dove le abilità messe in atto non sono quasi mai prettamente tecniche ed applicative ( per cui sarebbe manifestato entro un dato tempo il risultato dello sforzo ), ma maggiormente sociali e relazionali, dove l’esito del proprio lavoro potrebbe anche osservarsi con modalità temporali a medio o lungo termine.
Personale ospedaliero, medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali , ma anche insegnanti, operatori dell’infanzia, impiegati a stretto contatto con il pubblico, che riversano quasi l’intera energia lavorativa in sforzi più mentali che applicativo/manuali, sono le categorie ad oggi maggiormente a rischio.
Nonostante non siano esenti anche molte tipologie di lavoratori per caratterische a tematica specifica ( ad esempio ruoli e mansioni “routinarie”), e’ ormai provato come le professioni d’aiuto si caratterizzino a rischio burn out a causa anche della correlazione tra poca possibilità di momenti di relax / turni ed orari spesso incidenti nella vita privata trascurata e mal gestita.
Cause prevalenti dell’insorgenza Burn Out nelle “professioni d’aiuto”
- Bisogno di gratitudine e riconoscimento non viene quasi mai soddisfatto , rispetto ad altre professioni, non essendoci un “prodotto finito” da poter osservare a seguito del lavoro svolto. Essendo il “prodotto” la persona stessa, ovviamente i risultati del lavoro relazionale potrebbero manifestarsi anche dopo molti mesi, a volte anni, con una conseguente frustrazione data dalla percezione soggettiva di uno squilibrio tra l’investimento energetico e l’osservazione temporale del risultato.
- Aspettative sociali distorte circa le professioni d’aiuto Il sociale , spesso le stesse istituzioni in cui è inserito lavorativamente Il professionista , attribuiscono alla stesso, in base alla particolarità del ruolo prettamente relazionale, obiettivi quasi da “missionario” più che operatore, ad esempio , sanitario o scolastico, investendolo in modalità quasi “automatica” di caratteristiche facilmente correlabili al ruolo “immaginato”, estrema bontà , spirito di sacrificio oltre i limiti, estroversione , altruismo…contribuendo , in modalità indotta, all’ insorgenza nel soggetto di un’eccessiva ansia da prestazione non solo competenziale ma anche circa l’infallibilita’ delle proprie doti umane, venendo a crearsi un accumulo di energia controllata ed esplosa sotto forma di stress cronico , sentendosi immaginato come “robotizzato” e poco umano.
- Trasposizione dei propri bisogni rispetto a quelli degli altri Aiutando gli altri quotidianamente si pone come secondario, o ci si dimentica del tutto, il proprio bisogno di essere aiutati, manifestato secondo una modalità di “esplosione improvvisa” non appena il livello di stress ha superato la soglia. Frase tipica di molti operatori sanitari in situazione acuta di stress : “e a me chi mi aiuta? Chi ci pensa ai miei bisogni?” Il rischio burn out, in questa fase- laddove perduri nel tempo- si attua sotto forma di ribellione, rabbia, volontà di per poter essere compresi e notati più, o almeno come, il cliente / paziente che si sta curando
- Realizzazione della percezione di non onnipotenza
Cogliere chiaramente di non poter aiutare tutti e percepire l’inadeguatezza di fronte ad alcune situazioni fallimentari e/o “impossibili”, costringe il professionista a ridimensionare l’idealizzazione del proprio ruolo, con un grande senso di frustrazione e rabbia e l’insorgenza della situazione burn out a posteriori, tanto potente quanto maggiore è la delusione circa l’aspettativa
- La retribuzione
L’ investimento emotivo ed energetico è spesso rischioso anche in termini sanitari e temporali. È spesso decisamente inadeguato, contribuendo enormemente all’insorgenza di burn out cronico, sposandosi con il senso di riconoscimento non appagato a nessun livello.
L’ importanza della Supervisione di gruppo
La più importante forma/ tecnica di prevenzione e cura alla situazione di burn out e’ la supervisione di gruppo, tramite cui l’operatore sperimenta la condivisione del proprio vissuto fantasticato come solitario e svalutante se stesso, rivedendosi invece parte di un “sentire comune”, metodo privilegiato per un graduale incoraggiamento.
Durante le sessioni vengono presentate dai partecipanti e dal supervisore le tecniche corrette per affrontare un problema pratico / relazionale già risultate vincenti per altri e poste come nuova strategia di aiuto per l’operatore/i in difficoltà ; allo stesso modo si attuano correzioni e revisioni sulle modalità fallimentari, con il supporto soprattutto umano e non giudicante dei presenti, rivalutando le aspettive, le strategie relazionali, evidenziando risorse e limiti come strumenti costruttivi rimodellabili.
A volte le Supervisioni prevedono anche incontri individuali o un supporto psicologico ulteriore volto ad approfondire gli argomenti emersi in gruppo.